Le risorse strategiche dell’Est e il loro ruolo nei nuovi equilibri geopolitici
La corsa all’approvvigionamento delle georisorse stia ridefinendo le alleanze e i giochi di potere internazionali, con uno sguardo alle implicazioni per l’Europa e oltre.
Il conflitto russo-ucraino ha destato sin dall’inizio sgomento nella popolazione europea e non solo. Sin dagli albori, ad onor del vero, durante le lezioni nelle nostre aule universitarie si è affrontato quest’argomento con notevole interesse e senso critico, conoscendo il potenziale geominerario dell’Ucraina e soprattutto gli appetiti delle grandi potenze militari ed economiche del nostro Pianeta. Per gli addetti al settore e in ragione di una causa del conflitto molto dibattuta, l’ipotesi più attendibile era quella di associare l’evento ad una strategia geopolitica proiettata verso la conquista di materie prime naturali benché utili alla transizione energetica/ecologica. Da ciò ne consegue che il territorio ucraino, ricco di minerali critici e strategici, quali tra l’altro, grafite, bauxite, litio, rame, zinco, barite, cromo, nichel, cobalto, zirconio, tantalio, niobio, terre rare, ossidi di ferro e manganese, argille nonché uranio e combustibili fossili, è tutt’ora un fulgido esempio su cui poter sviluppare scenari geopolitici. Basti pensare che la regione del Donbass, teatro di battaglie feroci, è quella in cui giace la gran parte delle georisorse elencate. Ma per comprendere meglio questo aspetto dovremmo concederci un breve excursus. Come tutti sanno la geopolitica internazionale del secolo scorso si è ridisegnata anche inseguendo una georisorsa non rinnovabile ma utilissima allo sviluppo socio-economico, e vale a dire uno dei principali combustibili fossili: il petrolio. Per decenni, nel mondo intero, numerose ostilità si sono accese per lo più nelle aree geografiche fertili sotto il profilo petrolifero, in altre parole quelle in grado di restituire ingenti riserve di combustibili fossili. Golfo Persico e Libia probabilmente rappresentano esempi chiari e vicini in ordine temporale, che fanno ancora riflettere su quanto sia palpabile il nesso causale tra georisorse minerarie e conflitti bellici. Ma da quando la crisi climatica ha preso il sopravvento e quindi ci si è accorti che il surriscaldamento globale necessitava di una azione mitigatrice, gli Stati membri della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) dopo aver sancito il protocollo di Kioto (1997) e siglato l’accordo di Parigi (2015), si sono riuniti a Glasgow nel 2021, in occasione della conferenza delle nazioni unite sul cambiamento climatico, rafforzando l’idea di ridurre a zero le emissioni di anidride carbonica (ma in generale dei gas serra) da parte delle auto, con un orizzonte temporale fissato al 2040. Per fare ciò però si è dovuto, in prima istanza, abbandonare l’idea di produrre motori termici alimentati da combustibili fossili e convergere sullo sviluppo di energie pulite basate sull’efficacia e l’efficienza (per alcuni ancora dubbia) dei motori elettrici nonché dei sistemi di produzione e accumulo di energia, mediante batterie agli ioni di litio. Ma sotto gli occhi di tutti, questo cambiamento epocale guidato dalla transizione ecologica sta lasciando sul campo un nuovo ordine mondiale sia in termini commerciali che politici. Non ultima l’intenzione del Presidente degli Stati Uniti in carica di procedere ad un accordo commerciale in territorio ucraino, come contropartita degli aiuti militari concessi sinora, per assicurarsi, a quanto pare, l’estrazione delle terre rare ivi presenti, probabilmente per contrastare il predominio della Cina, che non dimentichiamo essere il primo produttore e fornitore mondiale di questa georisorsa (e non solo) ad alto pregio tecnologico. Sulla leadership cinese nel comparto dei minerali critici e strategici si potrebbe aggiungere molto altro ma lasciamo ad una prossima occasione il giusto approfondimento. Ritorniamo all’importanza delle terre rare che rappresentano un gruppo di 17 elementi chimici somiglianti tra loro e con proprietà chimiche particolareggiate (magnetiche, elettrochimiche e ottiche), molto utili all’industria per la produzione di dispositivi elettronici e magnetici, impianti di conversione energetica (pannelli fotovoltaici e turbine eoliche) e di accumulo (batterie). Guarda caso proprio quello di cui necessità ora l’umanità per far fronte alla produzione di energia green. L’Ucraina quindi (ex abrupto?) si rivela uno scrigno prezioso per l’Europa e non solo, in quanto possiede imponenti riserve di minerali attualmente utili allo sviluppo sostenibile della società moderna. La speranza che il conflitto possa terminare anche grazie ad accordi commerciali tra le super potenze, legati proprio all’estrazione di quelle risorse naturali per anni inesplorate e che oggi riecheggiano nelle stanze del potere, prende sempre più corpo. Ma ora ci si domanda se ci sarà e quale potrebbe essere il prossimo teatro di battaglia. Per rispondere a questo interrogativo basta disporre su una mappa geografica le riserve minerarie critiche e strategiche ancora potenzialmente disponibili (giacimenti individuati e ancora non sfruttati). Seguendo questa guida i territori di conquista potranno essere diversi e stiamo ben sicuri in qualche caso non lontano dal nostro continente. Tuttavia si spera unanimemente che si ritorni al buon senso e alla diplomazia, unica via maestra per porre fine ai conflitti e premonitrice di una pace duratura nonché utile ad uno sfruttamento equo e sostenibile delle materie prime naturali europee in linea con il Critical Raw Material Act, una piattaforma condivisa in grado di pianificare il nostro futuro.


