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L’intelligenza artificiale non sostituirà i giudici

L’intelligenza artificiale (d’ora in poi IA) è prepotentemente entrata nella vita di tutti noi e, ormai sotto svariati profili, ci si interroga su quali saranno gli stravolgimenti che la stessa porterà nelle nostre vite. Uno dei temi più attuali, anche con riferimento alla giustizia civile, è quello legato al possibile utilizzo dell’IA a supporto dell’attività dell’uomo (e dunque, nel caso di specie, principalmente a supporto dell’attività del giudice) ovvero per sostituire l’uomo (per creare il cd. giudice robot).
La prospettiva della sostituzione del giudice con una macchina non è attualmente percorribile, non tanto e non solo per i limiti che l’IA incontra (quanto meno in questo momento storico) nel compimento di attività estremamente complesse come quella posta in essere da un giudice per decidere una controversia, quanto soprattutto in ragione del fatto che si tratta di una prospettiva in aperto contrasto con svariate norme della nostra Costituzione, oltre che con le scelte effettuate dal legislatore sia a livello europeo (Regolamento UE 2024/1689 sull’IA noto come AI Act) che interno (legge n. 132/2025 recante “Disposizioni e deleghe al governo in materia di intelligenza artificiale”).
La corretta prospettiva d’indagine è, dunque, quella del ricorso all’IA a supporto dell’attività del giudice e, più precisamente, della cd. intelligenza aumentata. Si tratta di valorizzare, anche nel mondo del diritto, l’interazione uomo-macchina, come efficacemente evidenziato, per la prima volta negli anni ’60 da John Licklider, il quale, in un notissimo e citatissimo saggio1 , per contrassegnare il modello di evoluzione tecnologica dell’augmented intelligence ricorreva alla suggestiva ed efficace espressione “man-computer symbiosis”.
Una prospettiva ripresa e valorizzata anche dalla più recente dottrina, la quale ha avuto modo di evidenziare come, l’individuazione del corretto modo di approcciarsi da parte dell’uomo rispetto all’IA si fonda sulla «difettività», che connota l’uomo in senso «sia ontologico che assiologico», che è «un valore» e che, in quanto tale, può guidare l’uomo nella interazione con le macchine intelligenti che l’uomo stesso ha creato, «da un lato aprendosi alla contaminazione con esse, dall’altro sottraendoci al pericolo di un assoggettamento alla loro potenza» 2 .
Appare innegabile, in altri termini, che, nonostante gli straordinari progressi dell’IA, sussistono a tutt’oggi innegabili differenze rispetto all’intelligenza umana, tali per cui la prima non può svolgere attività che è in grado di svolgere la seconda, ma, in ragione delle peculiarità che le sono proprie, riesce a svolgerne altre in modo più rapido ed efficiente dell’intelligenza umana. Conseguentemente, appare difficilmente contestabile che, quanto meno alla stregua dell’attuale stato di avanzamento del progresso scientifico e tecnologico, la prospettiva più funzionale per rendere più rapide e/o qualitativamente più elevate determinate attività complesse svolte dall’uomo, come quelle che fanno capo al giudice, non sia quella di sostituirlo con una “macchina”, ma di sfruttare le capacità della macchina per potenziare quelle dell’uomo.
In estrema sintesi, il paradigma di riferimento nella cui direzione orientare la scelta di fondo, anche con riferimento all’attività del giudice, non è il «paradigma – ancora oggi prevalente – che vede nella macchina un’entità di cui servirsi per sostituire l’uomo», non è quello della intelligenza artificiale, ma quello dell’intelligenza aumentata il cui obiettivo è il realizzarsi di una «integrazione cooperativa tra uomo e macchina in cui il potere della computazione si fonde con le capacità mentali degli esseri umani e le macchine smettono di essere mero strumento delle nostre azioni per diventare “l’altro con cui interagiamo”» 3.
Muovendosi in quest’ordine di idee, sussistono ampi margini di manovra per il ricorso all’IA con riferimento all’attività del giudice, sia sotto il profilo del cd. giudizio di diritto 4 che del cd. giudizio di fatto 5 , tali da consentire di conseguire importanti risultati, non solo in termini di maggiore produttività dei giudici, ma anche di elevazione della qualità delle decisioni giudiziali.
L’aver individuato quella che è la strada corretta da percorrere non significa però aver già risolto il problema. La strada da percorrere è ancora lunga e non agevole, posto che, pur muovendosi nella corretta prospettiva di fondo di cui sopra, non è per null’affatto agevole individuare il corretto punto di equilibrio della interazione fra uomo e macchina.
Basti a tal proposito evidenziare come, pur muovendosi nella suddetta prospettiva di fondo, sono state avanzate proposte che sembrerebbero essere comunque eccessivamente sbilanciate in favore della macchina (oltre che non conformi al dettato costituzionale), come quella tendente a relegare il ruolo dell’uomo esclusivamente in sede di impugnazione della decisione resa da una macchina utilizzando algoritmi non “trasparenti” sotto il profilo del percorso seguito per pervenire alla decisione della controversia (con grave lesione, per l’effetto, sia del diritto di difesa che del principio del contraddittorio).
Al contempo occorre evidenziare come, è pacifico, ormai da molti anni, che la crisi della giustizia civile è riconducibile anche a motivi di ordine organizzativo degli Uffici giudiziari. Anche sotto questo profilo l’IA potrebbe contribuire in modo significativo al superamento della crisi della giustizia civile, come ampiamente dimostrato anche dall’attività di ricerca svolta da UNISANNIO (con realizzazione anche di due prototipi) nell’ambito del cd. Pon Giustizia 6 .

  1. Cfr. J.C.R. LICKLIDER, Man-computer symbiosis, IRE transactions on human factors in electronics 1, 1960, 4 ss. ↩︎
  2. Cfr. A. PUNZI, Difettività e giustizia aumentata. L’esperienza giuridica e la sfida dell’umanesimo digitale in Ars interpretandi X/2021 n. 1, Algoritmi ed esperienza giuridica, 113 ss. ↩︎
  3. Cfr. N. LETTIERI, Contro la previsione. Tre argomenti per una critica del calcolo predittivo e del suo uso in ambito giuridico, Ars interpretandi X/2021 n. 1, Algoritmi ed esperienza giuridica, 92-93. ↩︎
  4. Rinvio per un’indagine in tal senso a E. FABIANI, Prevedibilità della decisione giudiziale, giudizio di diritto, intelligenza artificiale e intelligenza aumentata in International Review of Artificial Intelligence Law (AI LAW), 2025, 57 ss. ↩︎
  5. Rinvio per un’indagine in tal senso a E. FABIANI, Intelligenza artificiale e accertamento dei fatti nel processo civile in Il giusto processo civile, n. 1/2021, 45 ss.; ID., Progresso tecnologico e accertamento dei fatti nel processo civile: informazioni online e poteri d’ufficio del giudice in Il giusto processo civile, n. 2/2021, 337 ss. ↩︎
  6. Rinvio per un approfondimento a E. FABIANI (a cura di), Per un nuovo modello di aggressione dell’arretrato civile incentrato sull’ufficio per il processo. PON GOVERNANCE 2014-2020. Atti e contributi dell’Università degli Studi del Sannio, Napoli, 2023. ↩︎